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Il mio Doppio.

Una storia di sesso, bugie e clonazione.

1.

Tutto cominciava dal divano.

Prima di quel momento, non c’erano problemi.

Ce ne stavamo tutti e due, io e il mio Doppio, comodamente seduti là, sul divano appunto, intenti a guardare dentro ad uno schermo, del cellulare o della televisione, assenti e persi, ma perfettamente congiunti, uniti centimetro per centimetro di pelle. Geometricamente congruenti nelle tre dimensioni.

I problemi iniziavano solo dopo, quando veniva l’ora in cui io dovevo andare a prepararmi per uscire. Allora io pian piano – ed ero già un po’ timoroso, perché sapevo già che cosa mi avrebbe risposto – dicevo:
• “Devo andare a prepararmi…”
• “Vai pure, io resto qui” mi rispondeva placido sorridendo.

E sin da quel momento mi faceva incazzare come un animale, tanto che l’avrei strozzato dal gran che non lo potevo sopportare. Quel fesso. Mai una volta che venisse con me…

Ma era proprio allora che accadeva, che io, alzandomi, mi staccavo da lui, e il mio Doppio restava, sorridendo, sul divano.

Anzi, quell’animale si stravaccava ancora di più, bello soddisfatto, come se adesso che non c’ero più io – che però, anche quando c’ero, ero perfettamente congruente con lui – ci fosse stato più posto!

Era evidente che mi voleva prendere per il culo, quello stronzo. Eppure avrei dovuto essere io quello felice: io uscivo con una donna, lui restava a cazzeggiare sul divano, ad annoiarsi, da solo in casa come un povero coglione.

Il siparietto vero e proprio iniziava pochi istanti dopo, non appena avevo raggiunto il bagno.

“Lavati i denti, animale!” mi gridava ridendo quello stronzo dal divano.

Mi faceva incazzare, ma io non rispondevo niente e continuavo a fare le mie cose.

Lui se ne stava zitto per un po’, poi all’improvviso gridava di nuovo: “Ricordati bene le ascelleeeee, altrimenti quella poveretta hahahahah” e finiva ogni volta con una risata.

Io continuavo a prepararmi e mi commiseravo guardandomi allo specchio, pensando “Ma tu guarda se mi doveva capitare un Doppio così cre-ti-no!”

Poi di nuovo il silenzio veniva lacerato da lui che dal divano urlava ridendo “Mettiti bene l’olio di cocco sul cazzo!”

In una occasione simile, una volta non ce l’ho più fatta e gli ho gridato indietro “Ma mettitelo te, che fai schifo e hai pure la candida!”. Al ché lui non ha fatto altro che ridere ancora di più, come un cavallo, sembrava non dovesse smettere più.

Finito, comunque, di prepararmi, tornavo davanti a lui.
• “Come sto?” gli chiedevo.
• “Ma che ti importa, sono domande da maschio queste? E poi quella poveretta non vede l’ora di dartela, vai, cammina, sparisci, lasciami riposare, che sono stanco…”

Rispondeva sempre una cosa del genere, così mi incazzavo sia con lui, per essere il solito stronzo, sia con me, per non essermelo ricordato, che non avrei dovuto chiedergli niente. E, non da ultimo, anche perché aveva più ragione lui di me.

2.

Uscivo. Andavo a prenderla o ci trovavamo al ristorante, ma mentre guidavo continuavo a pensare al mio Doppio: “Chissà quel maiale sul mio divano che cazzo starà facendo… mica si prende la briga di uscire, di vivere, sta sempre là, fa lo spiritoso, prende per il culo gli altri e ride. Che deficiente!”

La incontravo, era bella, a volte bellissima, vestita e curata per piacere ad un uomo e quell’uomo ero io. Io però pensavo a lui, al Doppio, a quando glielo avrei raccontato, per farlo schiattare d’invidia, forse anche finalmente per convertirlo, così magari la prossima volta mi avrebbe accompagnato, sarebbe venuto con me senza restare a casa sul divano. Ma già sapevo che era tutta una mia illusione, che a lui non sarebbe fregato più di tanto, che non c’era verso di fargli cambiare quel suo atteggiamento insopportabile di disinteresse.

Andavamo al ristorante, ordinavamo, facevamo conversazione, pregustandoci tutti e due quello che probabilmente sarebbe venuto dopo.

Ma io continuavo anche a pensare a lui: scorrevo il menu e mi chiedevo se quei piatti lo avrebbero stuzzicato, tagliavo la bistecca con forchetta e coltello mentre pensavo al Doppio sul mio divano, in casa mia, quando io era là fuori, nel mondo, a fare cosa poi, a stare con una donna, il gioco più vecchio del mondo, anzi il gioco su cui si regge il mondo. Certo il mio Doppio era un vero ribelle – pensavo sorridendo – se tutti avessero fatto come lui, a trascorrere le serate sul divano, la razza umana si sarebbe estinta milioni di anni fa, cosa non avvenuta solo per merito di quelli come me. Lo biasimavo, ma non riuscivo a smettere di pensare anche a lui.

Un po’ ero soddisfatto, perché facevo cose molto più belle di quelle che stava facendo lui, e un po’ ero irritato, perché sapevo che lui a casa era contento e in realtà non avrebbe mai fatto a cambio con me.

Al momento di pagare il conto, lo sentivo che mi pensava e mi diceva “Meno male che ci sei arrivato che devi offrire tu la cena, idiota come sei avresti anche potuto proporre di fare alla romana, poi vedi come te l’avrebbe data coglione!” e mi incazzavo persino per la sua petulanza, quando invece lui, se devo essere onesto, non stava facendo niente, era solo a casa sul nostro divano.

Alla fine, andavamo a casa di lei e facevamo l’amore.

“Vorrei vederti adesso, cosa penseresti! Non hai fatto male a restare a casa?” chiedevo, mentalmente, al Doppio, in quei momenti belli sì, ma non abbastanza perché io smettessi di tormentarmi.

3.

Al termine della serata, tornavo a casa e lo trovavo, mezzo addormentato, nel nostro letto.

Lì iniziava ad interrogarmi, sorridendo sornione e soddisfatto di sonno, con voce bella calma, ancora impastata.

• Allora, come é andata?
• Bene, dai…
• Lo sapevo! Grande bomber! Aleeeeeeeee! Se non fossi già a letto, farei un balletto in tuo onore. Almeno mi hai portato un gelato per festeggiare?
• Ma va a cagare…
• Senti, piuttosto, ma come ce l’ha, depilata o..?
• Massì, lo sai, adesso ce l’hanno tutte così, ne abbiamo parlato tante volte.
• E urla? É una che urla?
• Quello per fortuna no, sai che a me piace fare l’amore in silenzio…
• Sì, come una cosa nascosta, clandestina, senza clamore… Come se bisognasse fare attenzione a non farsi scoprire…
• Esattamente, te l’ho già detto altre volte. Credo abbia a che fare col pudore, che stranamente é di gran lunga più eccitante dell’esibizionismo…
• Be’ basta con le cazzate, avete fatto sesso orale?
• Certo, regolare, sai che lo faccio sempre…
• Sì, solo con lei non lo facevi.
• Sí, con lei non ce n’era bisogno, non ci pensavamo proprio. O magari lo facevamo senza accorgercene, erano tutte carezze e baci che sembravano non finire mai.
• É un po’ che non mi parli di lei.
• Cerco di non pensarci.
• Senti, ma credi che anche lei ti amasse?
• Lo so per certo, anche se non me l’ha mai voluto dire. Anzi, forse proprio per quello. Certe cose si sentono. Gli occhi parlano molto più della bocca.
• E allora come mai è finita, un grande amore così?
• Te l’ho detto, è sempre per paura che si fanno errori così grandi. E anche più piccoli a volte. Poi, come ti ho già detto, é stata anche un po’ colpa tua. Potresti smettere di parlarmi di lei piuttosto?
• Lo sai che non posso, ancora per chissà quanto. Ma chiudiamo la parentesi. Con quella di stanotte, avete parlato un po’?
• Ci ho provato. Dopo pochino mi interrompeva sempre per dire la sua, che però non c’entrava mai molto con quello che stavo dicendo io. Sembrava di stare su facebook.
• Ahahahah… Che stronzo che sei. Hai detto anche a lei che ormai sei disilluso, che non ti trovi in sintonia con questo mondo, che ti sembra tutto fatto alla rovescia?
• Sì. Sono le cose più importanti che penso, in fondo, e mi sembra giusto condividerle con chi ha a sua volta condiviso con me la sua intimità, anche se solo per una sera.
• E lei cosa ti ha detto?
• Mi ha interrotto e, per cercare di tirarmi su il morale, mi ha detto sorridendo “Vedrai che quando incontrerai quella giusta cambierai idea, eccome se la cambierai…”
• Ahahahah. E tu?
• Ho raccolto i coglioni da terra, poi avrei voluto dirle “Ma dove cazzo vuoi che la incontri, ma guardati intorno cazzo, guarda me, guarda te, guardaci, qui dentro a questo letto, dentro a questo mondo. Cosa vedi, dimmelo, cosa vedi? Questo è il massimo che possiamo avere”. Naturalmente non ho detto niente.
• Ahahahah. Sei il solito chiesaiolo ipocrita di merda…
• Ti ho detto già svariate volte che anche noi che andiamo in Chiesa abbiamo pieno diritto di essere ipocriti, mica solo voi che non ci andate. Anzi ne abbiamo più diritto noi, visto che almeno ne siamo consapevoli, di voi che vi credete migliori quando siete solo dei presuntuosi del cazzo.
• Ahahah. Pensi che la rivedrai?
• Non lo so, non importa. Lei o un’altra, sai, non è al momento così importante.
• Che figlio di troia che sei…
• Se non lo sai tu. Ma lo sa bene anche lei, lo sanno tutte…
• Alla fine, trovi sempre tante donne che te la danno, ma mai una che ti ascolta.
• Esattamente. E in più dopo devo ogni volta tornare a casa da una testa di cazzo come te!
• Ahahahah!

4.

Mentre parlavamo, mi spogliavo e mi mettevo il pigiama. Lui mi interrogava e ascoltava le mie risposte sorridendo sempre più, come se sapesse qualcosa che io non sapevo.

Io, man mano che proseguiva l’intervista di rito, ero sempre più irritato, smarrito, sconsolato, stanco. Lui soddisfatto, incuriosito, interessato, felice, superiore a tutto.

Da ultimo, entravo nel letto e tornavo ad essere completamente coincidente col mio Doppio, centimetro per centimetro di pelle. Geometricamente congruente con lui, in tutte le tre dimensioni.

Mi addormentavo poco dopo, confondendo anche i miei pensieri e i miei sogni con i suoi.

Dopo qualche tempo, ho smesso di uscire. Ho capito che il mio Doppio era ogni volta più felice di me.

Avrei voluto essere un grande seduttore, ma ho smesso per colpa del mio Doppio.

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